Il “Viaggio a Tokyo” di Vincenzo Filosa: “La Calabria è una regione che nessuno ha veramente raccontato a fumetti”

filosaviaggioatokyodi Fabio Domenico Palumbo - La kermesse ludo-fumettistica "Fantastica", tenutasi a Reggio Calabria dall'8 al 10 dicembre 2016, nella suggestiva cornice del Castello Aragonese, con annessa "dépendance" presso l'aula magna della storica scuola media "Galileo Galilei", è stata, tra le altre cose, l'occasione per la prima presentazione in terra calabra del volume a fumetti "Viaggio a Tokyo", opera prima di Vincenzo Filosa, poliedrico autore crotonese. Oltreché fumettista, traduttore dal giapponese, grafico e impaginatore, Filosa, partito dal panorama indie, è curatore editoriale per Coconino Press. In più, mi piace sottolinearlo, ha curato la prefazione al terzo volume del monumentale Gen di Hiroshima di Keiji Nakazawa per la collana Hikari di 001 Edizioni.

L'incontro del 9 dicembre con Filosa è stato brillantemente introdotto dal reggino Paolo La Marca, dottore di ricerca, docente di Lingua e traduzione giapponese presso l'Università di Catania e traduttore per J-Pop del mangaka Kazuo Kamimura, attivo sulla scena del fumetto giapponese negli anni Settanta (Lady Snowblood, Una gru infreddolita, Dōsei jidai-La convivenza).

A seguire Filosa ci ha gentilmente concesso un'intervista, che vi presentiamo a seguire. La discussione è stata oltremodo interessante, e ci ha permesso di scoprire, attraverso la testimonianza del talento crotonese, quanto ancora ci sia da far tesoro del panorama fumettistico nipponico del dopoguerra. Nell'intervista si fa in particolare riferimento al gekiga (劇画, letteralmente 'immagini drammatiche'), una tipologia di produzioni a fumetti fiorita in Giappone dalla fine degli anni Cinquanta che sta al manga 'mainstream' come le graphic novel occidentali stanno ai comics.

Il termine gekiga fu associato a queste produzioni dal mangaka Yoshihiro Tatsumi (Una vita tra i margini, Tormenta nera, Lampi), per avvertire il lettore che si trattava di storie non censurate, lontane dalla narrativa a fumetti di evasione, capaci di affrontare temi sociali scomodi e passioni inconfessabili. Tatsumi faceva così far fronte alle proteste dei genitori i cui figli avessero eventualmente scambiato i gekiga per storie a fumetti dai toni più leggeri, come il manga "d'intrattenimento" portato alla ribalta in quegli stessi anni dal genio di autori come Osamu Tezuka, definito, non senza ragioni, "il dio del manga" (di Tezuka, al grande pubblico sono senz'altro noti Tetsuwan Atom-Astro Boy, Ribon no Kishi-La principessa Zaffiro e Jungle Taitei-Kimba il leone bianco).

Durante la conferenza con La Marca, Filosa ha tra l'altro richiamato l'attenzione del pubblico su una vignetta di Viaggio a Tokyo in cui Tezuka e Tatsumi sono presentati come le due "montagne sacre" del fumetto giapponese. Certo è che il gekiga ha influenzato il manga tout court, tanto che si dibatte se il realismo di un Maison Ikkoku-Cara dolce Kyoko di Rumiko Takahashi possa essere ascritto al gekiga, come rammenta Filosa. Fatto sta che il gekiga è una produzione forte, dura come le vite dei suoi autori.

Quei fumetti "fuori mercato", presi a prestito nelle librerie a noleggio diffuse in Giappone alla fine degli anni Cinquanta, 5 yen per un libro in prestito per un giorno, erano storie di "ragazzi di vita". Come i fratelli Tsuge, ad esempio. Yoshiharu Tsuge, orfano di padre a cinque anni, costretto a lavorare dopo aver appena terminato le elementari, dovette vendere il sangue per mangiare e cadde in depressione, come ci rammenta Jean-Marie Bouissou nel suo Il manga. Storie e universi del fumetto giapponese, edito in Italia da Tunué. Yoshiharu Tsuge, definito "il Salinger del manga", collaboratore della rivista a fumetti d'avanguardia Garo, negli anni Ottanta abbandona le scene e si rende irreperibile; invano il nostro Igort (si segnalano i suoi recenti Quaderni giapponesi per Coconino Press) ha cercato di 'stanarlo' in patria. In Italia attendiamo ancora di vedere Yoshiharu Tsuge tradotto, mentre in Francia è uscito almeno Munō no Hito-L'Homme sans talent. Del fratello Tadao Tsuge, autore anti-estetizzante e iperrealista, è invece uscito da noi La mia vita in barca, curato e tradotto da Filosa sempre per Coconino. Ancora troppo poco, anche se Filosa stesso sta facendo del suo meglio per cercare di portare in Italia il più possibile di quanto prodotto da questi indiscussi maestri del fumetto nipponico, come ha sottolineato in conferenza e ai nostri microfoni.

Qualcosa di più è giunto a noi di un altro dei riferimenti ineludibili di Filosa, Shigeru Mizuki (Gegege no Kitarō-Kitaro dei cimiteri, Verso una nobile morte), longevo autore insignito di recente del prestigioso Premio Eisner e sopravvissuto a un attacco suicida dell'esercito nipponico in Papua Nuova Guinea durante il secondo conflitto mondiale, ove tra l'altro perse il braccio sinistro imparando a disegnare con la mano destra. Ma lasciamo che sia Filosa, attraverso le sue risposte, a raccontarci del suo libro e del gekiga, questo proletariato artistico e sociale che tanto può ancora dare al fumetto e alla cultura nipponica e occidentale.

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Il tuo libro, Viaggio a Tokyo, del 2015, nasce da un viaggio dal Giappone all'Italia e ritorno compiuto tra il 2006 e il 2007. Ha avuto dunque una lunga gestazione. Vuoi parlarcene?

A Tokyo avevo già iniziato a realizzare degli albetti che raccontavano le mie esperienze giapponesi. Essi compongono una serie, edita da ernest, dal titolo Pictures From Life's Japanese Side. Al termine della serie, però, ho deciso di raccontare tutto in una forma più coerente e più lunga, qualcosa di simile a un romanzo. La serie Pictures era qualcosa di più vicino a un diario, schegge di esperienze e vita vissuti di una pagina o poco più, tutto molto incoerente e frammentario. Viaggio a Tokyo è invece una sorta di romanzo di formazione.. La gestazione è stata molto lunga perché, non lavorando con uno storyboard, una sceneggiatura o un canovaccio predefinito, ho dovuto rilavorare molte parti del fumetto; in parte anche perché, lavorando da traduttore, da impaginatore e grafico, non ho potuto dedicare il 100% del mio lavoro al libro. Dunque la gestazione è stata particolarmente lunga, ma non è stata particolarmente complicata nei rifacimenti e nelle rielaborazioni; in alcuni casi si trattava di riscrittura totale, alla fine mi è capitato di raccontare delle storie diverse, o in maniera diversa. Non ho ridisegnato delle tavole, ho semplicemente ridistribuito la narrazione e le sequenze. Una volta trovata la formula e la "quadra" della narrazione ho impiegato un annetto, un annetto e mezzo per i disegni: per un libro di 260 pagine è un ritmo abbastanza ragionevole.

Parlando del cuore di questo libro, della tua passione per il gekiga, di queste 'immagini drammatiche' o 'storie drammatiche', hai parlato dell'origine di queste produzioni, del mercato delle librerie a noleggio in Giappone, e del legame tra queste opere e il vissuto degli autori. Hai citato Yoshihiro Tatsumi, Yoshiharu Tsuge... vuoi parlarci dei tuoi autori di riferimento?

Nel 2004, dopo un periodo di allontanamento dal manga, perché in quella particolare fase della mia vita non rispecchiava più i miei gusti, o comunque non mi interessava come un tempo, ho ricevuto a casa, in abbonamento, un volume di Tatsumi Yoshihiro, Lampi, adesso ristampato, ritradotto e "riletterato" come Crocevia, il primo di quattro volumi che raccoglieranno le storie brevi di Tatsumi Yoshihiro. Nel frattempo mi ero molto avvicinato alla letteratura giapponese moderna, quella che va dai primi del Novecento fino alla fine degli anni Settanta, una produzione letteraria che ancora oggi mi influenza tantissimo. Nelle storie di Tatsumi contenute in Lampi ho ritrovato echi sia di quella letteratura sia del mondo che mi circondava. In quel periodo io vivevo a Roma, e la storia d'apertura, anche se disegnata negli anni Settanta, rappresentava una tipica scena di vissuto romano. Mi ha colpito tantissimo ritrovare in un fumetto disegnato trent'anni prima dall'altra parte del mondo la mia esperienza personale di quel momento: una vera e propria rivelazione. Da allora ho iniziato a cercare autori e titoli vicini a questa produzione a fumetti giapponese, ossia il gekiga e la produzione sperimentale nipponica. Avevo letto delle storie brevi di Tsuge Yoshiharu, considerato il padre del fumetto sperimentale giapponese, che m'interessava molto. Quando sono andato in Giappone, questi sono i due autori da cui volevo far partire la mia ricerca; nel frattempo però mi sono imbattuto per errore nel fratello di Tsuge Yoshiharu, Tsuge Tadao. Ho comprato i libri di Tadao per errore: avevo solo visto i primi due ideogrammi e li ho acquistati. Li ho portati a casa, li ho aperti, e mi si è aperto un mondo ancora più vicino al mio sentire. Tsuge Tadao, che abbiamo pubblicato per Coconino (La mia vita in barca), aveva creato fondamentalmente il neorealismo a fumetti, delle storie che raccontano la vita di strada. Tsuge non era un attaccabrighe, ma, per così dire, un "poco di buono". Raccontava il vero Giappone; lo faceva alla maniera di Tatsumi ma era ancora più diretto. Ciò che mi ha impressionato maggiormente è la mancata ricerca da parte di Tsuge Yoshiharu di abbellimenti grafici; Tsuge riusciva ad integrare il bello e il brutto della vita con totale coerenza. C'è sempre una ricerca estetizzante nei fumettisti, che in Tsuge manca. Eppure egli riusciva a condividere la sua esperienza in maniera completamente coerente, diretta, sincera e brutale. Questo aspetto mi ha sconvolto ulteriormente, mi ha convinto che quella fosse la strada giusta rispetto alle mie aspettative verso il fumetto come forma di espressione.

Durante la conferenza mi è venuta in mente una domanda. Hai parlato delle due montagne del fumetto giapponese, di Osamu Tezuka e di Tatsumi Yoshihiro. Ma non si può parlare di un certo Tezuka, quello di opere come Gringo, recentemente pubblicato per Hikari, come di un autore rientrante nel gekiga?

Anche Osamu Tezuka si è appropriato a un certo punto del gekiga. Tezuka ha creato una rivista, COM (COMICS, COMPANION, COMMUNICATION), che era una diretta risposta a Garo. Ne condivideva in parte gli ideali e ospitava storie sperimentali e adulte di autori vicini al dio del manga. Lo stesso Tezuka, all'interno della rivista, ha realizzato una serie di storie molte mature: alcune di esse sono state raccolte tra l'altro in un volume pubblicato anche in Italia da Hazard (Sul fondo del cielo). Si pensi poi a storie come Ayako, una narrazione estremamente matura, compiuta, per adulti, dai forti contenuti. Quindi sicuramente sì, Tezuka ha "operato" anche in ambito gekiga, ma lui in fondo ha davvero lavorato su ogni genere e tematica. È effettivamente "il dio del manga" perché è riuscito a fare tutto. Tezuka aveva poi un'altra cosa in comune con gli autori gekiga. Nel mercato mainstream, nel fumetto dai grandi numeri, Tezuka arriva da Osaka come un emarginato. Il resto della scena lo aveva isolato, lo teneva lontano, lo denigrava... lui si è difeso alla grandissima, continuando per la sua strada e realizzando dei capolavori di rara bellezza. Quindi sì assolutamente, Tezuka ha fatto del gekiga. Ma il gekiga, a partire dagli anni Sessanta e per tutti i settanta, diventa sinonimo di fumetto d'azione giapponese, a prescindere dalla qualità e dall'effettivo rispetto dei canoni. Tatsumi però compie un ulteriore salto e riesce a creare un nuovo gekiga: se questo nasce infatti con l'intento di raccontare esclusivamente storie noir, crime e thriller, Tatsumi decide invece di raccontare la vita nel Giappone dell'epoca, puntando il suo obiettivo prevalentemente sui perdenti, gli sconfitti che lottano ogni giorno con miseria e ingiustizia nel caos urbano di Tokyo. Facendo ciò, inventa quello che io considero gekiga. Tatsumi ha dato il via a questa nuova forma di fumetto realistico, e credo che partendo anche dalla sua lezione Tadao Tsuge abbia creato il suo stupendo neo-realismo a fumetti. Purtroppo le opere di Tsuge di quel periodo non sono state pubblicate in Italia. Invece di Tatsumi è stato pubblicato Una vita tra i margini, Crocevia (tradotto da Filosa, NdR) e Tempesta nera (quest'ultimo per i tipi di Bao publishing). Tempesta nera è considerato da molti il primo vero libro gekiga. Tatsumi l'ha disegnato, secondo la leggenda, in 20 giorni, e in quel libro ci sono tutti i comandamenti del gekiga.

Ultima domanda sul futuro della tua produzione. Da un'intervista su Fumettologica leggo che farai una trilogia sulla tua famiglia, ambientata in Calabria. Puoi dirci qualcosa di più?

La vera lezione del gekiga di Tatsumi è: racconta la tua verità, la tua realtà e fallo nel mondo più sincero possibile. Dopo aver fatto questo piccolo apprendistato, neanche tanto riuscito, cercherò di compiere un viaggio a ritroso. Voglio mantenere parte degli insegnamenti del gekiga per raccontare la mia vita in Italia e soprattutto la Calabria. La Calabria è una regione che ancora nessuno ha veramente raccontato a fumetti. In letteratura c'è qualche buon esempio, ma ancora nel fumetto non lo ha fatto nessuno. Le tappe di questo mio percorso prevedono un libro a metà tra Giappone e Calabria e una trilogia esclusivamente ambientata nel Crotonese, fermo restando che faccio perlopiù lavori autobiografici. Uno dei messaggi principali di Viaggio a Tokyo è: non si può essere veramente giapponesi. Questa è la sostanza del mio discorso; è vero anche che il manga ha sempre fatto parte della mia vita e sarà così per sempre. Ma sento anche il dovere di recuperare e condividere la nostra tradizione e la nostra esperienza. Quindi sicuramente tornerò in Calabria, mi concentrerò su quello, anche se probabilmente ricorrerò a strumenti della tradizione giapponese, che fanno ormai parte della mia storia. credo sia inevitabile, e sarebbe sbagliato rifiutarlo.

Ci sarebbe molto ancora da dire sul promettentissimo Vincenzo Filosa. Dalla sua recente collaborazione all'antologia a fumetti Kuš!, al suo report fumettistico su Shigeru Ban, architetto giapponese delle tensostrutture in bambù. O ancora, per restare a Viaggio a Tokyo, del Giappone delle stazioni, dei love hotel, delle manga kissa (i manga café), delle innumerevoli citazioni di questo sorprendente fumetto. Ma preferiamo lasciarvi alla lettura e alla ricerca personale, sperando di avervi dato spunti sufficienti, e ringraziando ancora per la gentilezza e la disponibilità Vincenzo Filosa.