Pioggia e 'ndrina

pioggiavetro 500di Ariella Lea Heemanti - Pioggia, 'Ndrina. 'Ndrina. Pioggia. E non è un blues, è un'idiosincrasia totale.

La pioggia non ama, non può vedere la 'ndrina.

Vieni, entra. Asciugati. Qui non ci sono coperte rosa, copriletti color marrone, non l'armamentario di quella casa di stupro.

Se vuoi, ho una filastrocca calabra in mente: chiovi chiovi chiovi, la gatta si 'ndi mori, lu surici si marita culla coppola di sita.

Sai cantilenarla? E non ti fa ridere?.

Hanno detto che è stato per i tuoi vestiti, e perché eri " un po' movimentata".

Le donne di Melito lo hanno detto. Giusy l'ha fatto vedere e sentire in televisione e il sindaco, sul palco, se l'è presa con le giornaliste, che hanno offeso la città, con Angela, Valeria, con quelle che per prime sono insorte.

Capisci? La città è stata offesa dalle giornaliste. Non tu da tutti loro, con lo stupro, e poi con la maldicenza, l'accusa, il consueto omaggio d'omertà alla 'ndrina che invece, alla città, reca il lustro sconveniente e orrido di sempre: palazzacci abusivi, mazzette, affari, mausolei funerei dove si vendono brillocchi, rispetto e favori a ognuno, tranne a chi per caso abbia qualcosa da ridire: a costoro si riserva l'intimidazione, lo sguardo "sempre arrabbiato" di uno dei tuoi assalitori, il rintocco del suo nome e cognome per rammentare chi comanda; chi è che deve continuare a ingoiare quell'antica, soleggiata bellezza civile della città, la piazzetta con la libreria, sul viale alberato dove c'era la pretura, il corso, quei piccoli negozi che a malapena ricordo, di quando mi capitava di venirci per scrivere: la signora sorridente e gentile di un'edicola. Discreta, bella, elegante. La madre anziana, la sorella, la figlia, in un negozietto di spagnolette dove si trovava, al solito, di tutto. Un uomo anche lui anziano in un altro piccolo negozio di abbigliamento, che ricordava lotte, battaglie per la terra, per i diritti, e Pio La Torre, e diceva:- Io sono un vecchio comunista, e questo potere di una cosca violenta e vorace non mi piace, e io allora gli ricordavo che a Togliatti, invece, le cosche violente e voraci e 'ndranghetiste non erano mai dispiaciute, anzi, come con i fascisti amnistiati a Roma, passati al rosso, ci aveva fatto persino una repubblica del Sud. E l'uomo sorrideva, diceva:- Lei è giovane e sa queste cose, è una bellezza parlare così con una persona giovane. Ha sale in testa.

Io pensavo: melach, melach. Melach haaretz.

Sale, sale. Sale della terra.

Sorridevo anch'io, gli dicevo:- Mi sono rimasti impressi gli occhi di Pio La Torre, quegli occhi di zaffiro, non li dimenticherò mai, non dimenticherò mai il suo grido, "assassini, assassini", la forza e la morale che erompevano da lui anche mentre moriva.

Ed era giovane anche Serena, una ragazza che avevo incontrato, così fine, luminosa, che anche lei sperava le 'ndrine sparissero con il loro lugubre predominio, e quella camminata dei figli dei boss, spavalda, tronfia, che, diceva Serena, "s'impossessa anche dei nostri sogni, del nostro amore, calpesta il marciapiede, il suolo".

Il prete ora dice di te che "purtroppo questo non è l'unico caso", "che in paese c'è molta prostituzione".

Dobbiamo dedurne che, per loro, per le loro processioni, tu eri già una piccola prostituta.

Anche per questo non valeva poi la pena parlare.

Come a Oppido Mamertina, tanto tempo fa, quando le 'ndrine organizzarono una gara di tiro a piattello per vedere chi fosse il picciotto più onorato e lesto, e il piattello era Peppinello, il bambino di una prostituta, il cui nome faceva anche rima, e non valeva niente, come non valeva niente sua madre.

E nessuno del paese aprì nemmeno le braccia per raccoglierlo, il corpo di Peppinello, quando cadde giù, sull'asfalto, il suo sangue che si allargava, le sue labbra dischiuse nella parola mamma, i picciotti ancora eccitati dalla gara, i capibastone soddisfatti dall'esito della prova, dall'ardimento, e questo era il loro onore, l'onore di sempre della 'ndrangheta, lo stesso delle signore che oggi, quanto a te, dicono: - Queste cose una volta non succedevano.

No. Non succedevano.

Dicono che i tuoi stupratori siano delle vittime anche loro, che hanno diritto a essere perdonati, anche se perdono non ti hanno chiesto, se negano, come già consigliava al telefono il fratello poliziotto di uno di loro, e se il difensore del loro capintesta ha annunciato che, con tutto il rispetto verso di te, dimostrerà al processo come in questa brutta storia vi siano state "disfunzioni". Cioè, pare di cogliere, le tue.

Vieni, entra, chiudiamo la porta.

Lasciamo aperte solo le finestre, perché, senti? L'aria è buona, fresca, ripulita.

Apriamo anche il balcone, prendi pure la chitarra, ci sediamo davanti al mare, in un'altra città.

In un appartamento dentro un antico palazzo, spoglio, senza quasi mobili, le tende leggere scostate per guardare la pioggia e il mare.

Prova a suonare a orecchio, ascoltando Noa, le parole che lei canta in eye in the sky, un occhio nel cielo, cantale anche tu: don't think sorry's easily said/don't try turning tables instead/you've taken lots of chances before/but I'm not gonna give anymore/don't ask me/that's how it goes.../ I've heard the accusation before/and I ain't gonna take anymore/...

Tieni, prendi, sai è una di quelle mousse al cioccolato estemporanee, non ci vuole niente a farla, solo cacao amaro in polvere e succo d'agave, è un attimo, senti che buona, deliziati.

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Sai cercavo, nella mia mente, un paio di mezze punte nere, neanche quelle erano rosa. Volevo regalartele. Chissà dove sono andate a finire. Volevo telefonare ad Assia, dirle, Assia, non trovo le mezze punte, così; dirglielo così, dopo tutti questi anni. Tu sai chi è Assia? Lei è una che danzava, aveva quel viso di luna, che certo ancora ha, diceva sempre a Beppe:- Fa' attenzione, ti prego.

E sai chi era Beppe? Era un poliziotto vero, non come quello che si è associato ai tuoi stupratori, in un altro momento, certo, perché tu "eri consenziente", cercavi amore e ciò che ti mancava, e se capivi che non era amore, quello, stornavi la testa e aspettavi che lo stupro finisse, per quel giorno. Ma ora è finita davvero, e tu ascolta le storie che ti racconto, che stavo comunque raccontando, prima di sapere di te. Beppe era uno con la sigaretta sempre fra le dita. Io non so come facesse Assia. Ma Beppe amava il mare, e Assia forse faceva così, era anche lei al mare, quando i mafiosi, dotati al solito di un forte e detonante senso dell'onore e del coraggio, lo uccisero, e lei corse, e danza ancora, e ancora certo ha quel viso di luna, e tu non sai queste storie, il viso bello e dolce di Beppe Montana, quello di luna del suo amore.

Tu sai il volto, lo sguardo sempre arrabbiato del tuo stupratore più autorevole, ma quello che puoi fare, ora, è sapere queste storie, stupirti che ci sia qualcuno che si occupa di queste storie, che ha saputo di te mentre le scriveva, e si è messa a cercare un paio di mezze punte particolari, per te, da regalarti, e che anche a te racconta queste storie, davanti al mare, mentre la luna cresce, e anche tu crescerai, diventa qualcosa contro le 'ndrine, allora.

E ascolta le storie che ti racconto, nella musica, ora. Ero venuta a raccoglierle come l'origano sui muri delle isole.

Sai, c'era un altro poliziotto, a Palermo, anche lui sì, un poliziotto vero, degno, che mentre cercava di fermare i traffici di droga e di morte dei mafiosi, se s'imbatteva in ragazzini smarriti, come te, in picciriddi perdutisi per strada, se li portava a casa, diceva ad Alessandro, a Emanuela e Selima, i suoi figli, piccoli anche loro:- Adesso pensateci voi, finché non trovo i genitori. E anche lui lo uccisero, con sette colpi di pistola alle spalle, quegli esemplari di onore e di coraggio i cui simili, nel tuo caso, nella tua città, scrivevano a te:- Va' 'mmazzati, mentre Boris Giuliano ti avrebbe raccolta, all'uscita della scuola, ti avrebbe detto:- Dove sono tua madre e tuo padre, perché sali in macchina con quelli là, vieni, ti accompagno io.

E tu non sai il grumo di pianto che ancora sento in me, se penso a questo, se penso a Boris che tu, oramai, forse sai chi è, allora interessati della sua storia, diventa una così.

Tua madre al telefono diceva che la 'ndrina "vuole prendersi il merito di essere andata con le sirene", "che loro hanno i soldi", e che "paga sempre chi non ce li ha". E anche lei era prigioniera della 'ndrina. Chissà, nel profondo, forse quella mancanza di autostima, di difesa del tuo corpo, della tua anima in esso racchiusa, quel darti in pasto allo stupro e al disprezzo, è perché vedevi questo, che anche lei, tua madre, è prigioniera della 'ndrina, del suo mito malefico, della costruzione di cancelli di zinco, di ruggine e di tetano mortale nei condomini che sfregiano la città, mentre il sindaco se la prende con le giornaliste, e 'ndringhete e 'ndranghete, sai, non mi sono mai piaciute le loro tarantelle, i loro suoni persino, e quei gesti anche quando festeggiano, il loro linguaggio truce, che gode dell'evocazione del sangue, cumpari, cuteddu, che mi ha sempre fatto orrore.

Guarda lì la costa, come l'hanno ridotta, saccheggiata, deturpata. Guarda la valle, proprio sotto la casa dove ti portavano, con quegli scheletri di cemento, quei piani mostruosi costruiti contro il cielo, contro la sua bellezza e la bellezza di una terra che hanno continuato a violentare come te.

Guarda, anche se da lontano, in un'altra città, in una casa dentro un palazzo antico, dove i copriletti, semmai, sono azzurri come il colore del mare.

Non ascoltarli quando ti ordinano di andare ad ammazzarti. La terra non è la loro. Il mare non è il loro. E tu puoi tuffarti, inabissarti nel mare per andare a riprendere una purezza, risalire, diventare qualcosa contro le 'ndrine.

Tuo padre dice che vorrebbe prenderti e portarti via. E anche secondo me dovresti andartene dalla piccola città che la 'ndrina e i compari di qua e i compari di là hanno divorato e ingabbiato fra schiere di palazzoni senza cielo, dove le signore vanno al mare sotto casa, nei pressi dello scarico delle fogne, e quanto a te, insomma, "non dovevi metterti in quella situazione", tutta la solidarietà va alle famiglie degli stupratori, alla 'ndrina con cui vivere in uno stato di promiscuità permanente, senz'altro scalpore che quello dei tuoi abiti succinti.

Guarda quest'abito che voglio farmi fare. È lungo, di raso, di un colore vivido e scuro, intenso.

Se vuoi puoi fartelo fare anche tu. Te lo regalo.

Possiamo indossarlo ambedue. Mia madre e io lo facciamo ancora.

Guarda, il mare, è bianco. Conosco un'altra canzone, in giudeo-spagnolo, visto che tua madre ti paragonava alle sirene: si la mar era de leche yo me haria un pexador, pexcaria las mi dolores con palavikras de amor.

Anche tu puoi esprimere, pian piano, palavikras de amor, piccole parole d'amore con cui pescare tutto il dolore, riportarlo in superficie, quando il mare è bianco, e come una via lattea ti permette di attraversare, di raggiungere su una spiaggia protetta da tutti loro la salvezza, ciò che puoi diventare.

Vieni, ti metto il valzer di Amélie. Se hai voglia puoi danzare, anche senza mezze punte, in questa stanza quasi vuota. La bellezza essenziale dei pavimenti. Vedi una valigia, un senso del viaggio, delle mete per scrivere, per raccontare.

Sediamoci ancora, ora.

Prova ancora a suonare a orecchio la chitarra, sulle parole della cantantessa di Catania, Carmen Consoli, e canta anche tu: guarda l'alba che ci aiuta a sorridere, sembra quasi che ci inviti a rinascere, tutto si trasforma, persino il dolore più atroce si addomestica.

Vieni, se vuoi puoi restare a dormire così, in attesa dell'alba, in questa casa dentro un antico palazzo, quasi vuota, spoglia, dove non entra la 'ndrina ma la pioggia, e il mare che è vicino, che si vede. Se ti addormenti, ti aspetto. Ti cantileno quest'altra filastrocca calabra: tuzzu tuzzu bambuluzzu, ndi na casa c'era un tuzzu, unu trasi e unu nesci pi chiamari bambulù, bambulù farà cucù, tira un pugnu e nesci tu. Non ti fa ridere anche questa?

E ora è giorno. Svegliati. Pioggia. Piove ancora. In uno sprazzo ho visto il volteggio di tre rondini nel cielo, un andirivieni basso, lento, come a insegnare di dare tempo al tempo.